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16 novembre 2011
Pubblicati i dati relativi al primo semestre di operatività del decreto 28/10, il quale ha introdotto nel nostro paese per la prima volta una disciplina organica tesa, come noto, alla deflazione del carico giudiziario.
Il precedente punto della situazione era stato fatto a fine giugno.
Quali i dati più interessanti emersi dalle rilevazioni che il Ministero effettua sull’operato dei vari organismi di mediazione accreditati (ad oggi oltre 700)?
Intanto un dato quantitativo relativo al numero delle domande di mediazione presentate. Siamo oltre 5’000 mensili ed è in crescita. Vi è stato un picco a giugno (7’333) ed un netto calo in agosto (2’534). In termini assoluti, si tratta di poca cosa, pensando all’input registrato dal sistema giudiziario (ca. 400’000 nuove cause/mese), ma chiaramente la mediazione è ancora in fase di kick-off e delle considerazioni ponderate potranno farsi solo fra qualche anno.
Seconda osservazione: quante mediazioni sono effettivamente tenute (considerato che ovviamente le parti chiamate posso aderire o meno alla richiesta loro fatta)? Poche (1/3 del totale), ma tutto sommato in linea con quanto avviene da anni all’estero. La negatività del dato è aggravata dal fatto che il sistema italiano prevede meccanismi di “obbligatorietà” rispetto all’instaurazione di talune cause giudiziarie nella materia oggetto di mediazione e generali sanzioni a carico di chi opta per non parteciparvi. Evidentemente non è spauracchio così forte.
Quanto poi all’utilità per le parti che han deciso di esperire la mediazione, il ministero si limita a rilevare solo il fatto che venga o no perfezionato un accordo. Come noto, il successo di una mediazione non dovrebbe esser misurato solo su tale parametro, ma tant’è, per ora. Anche qui percentuali basse: circa la metà dei casi, laddove la media corrente – sempre per mantenere un benchmark basato sul raggiungimento di un accordo - è intorno al 70-75%. Che si tratti di scarsa capacità dei mediatori? È possibile che per molti di quelli impegnati in questa prima fase, l’attività sia stata la prima occasione di metter in campo professionalità formatesi con troppa fretta. Anche per questo, occorrerà molto probabilmente attendere il sedimentarsi di buone pratiche.
Quanto infine al motivo che ha determinato l’avvio delle procedure, è da registrare una scontata preponderanza (75%) di ragioni derivanti dalla citata “obbligatorietà”, ed anche un’interessante percentuale (23%) di mediazioni c.d. volontarie, a sola iniziativa di parte senza che neppure vi fosse una clausola che impone il ricorso allo strumento. Decisamente sconsolante invece la percentuale relativa ai casi di mediazione “delegata” dal giudice. Si tratta di un misero 1%! E pensare che il contributo dei magistrati allo sviluppo della mediazione sarebbe misura “a costo zero” per il processo (dare 4 mesi alle parti per mediare occupa di regola solo una porzione dell’ordinario rinvio fra udienza ed udienza), oltrecché vantaggiosa per gli stessi interessati (quante sentenze in meno da redigere). È forse solo questione di tempo, ed il rinvio delle parti in mediazione prima o poi rientrerà nelle abitudine dei giudicanti. Per ora è solo un’occasione persa.
Ultima osservazione: il valore medio delle liti portate in mediazione è di 93'000 euro. Non male. La mediazione conferma di essere un procedimento utile soprattutto per le questioni di un certo valore, smentendo platealmente il falso mito – assai diffuso negli anni scorsi – che fosse cosa solo per questioni bagatellari.
C. Mosca
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