Quadra opera dal 2003 come provider privato ADR (Alternative Dispute Resolution)
per la gestione e mediazione delle controversie e dei conflitti civili e commerciali
Quadra amministra procedure di mediazione, arbitrato ed expertise
e promuove la diffusione della cultura ADR svolgendo formazione di alto livello
6-12-15
Dan Simon è un amico mediatore. Vive e lavora a Saint Paul, Minnesota nell nord degli Stati Uniti.
Da anni cura un interessante blog. Ecco l'ultimo articolo pubblicato, relativo a come l'approccio trasformativo possa avere un diretto impatto in quel che si fa quotidiamante, anche fuori dal contesto della mediazione.
L'originale in inglese lo trovate su http://www.transformativemediation.org/people-like-me-now/.
ADESSO PIACCIO ALLE PERSONE
"Ci piacerebbe davvero riuscissi ad esserci, Dan!"
"E 'stato veramente bello tu sia venuto, Dan."
"Dobbiamo vederci di più."
"Sei il mio migliore amico."
"Dan, sai davvero come parlare con la gente."
"Grazie a Dio ci sei, cugino!"
"Ottimo discorso, Dan. Grazie."
"Puoi rimanere a casa mia tutto il tempo che vuoi. E 'bello averti qui. E pure ai ragazzi piace vederti "
"Ehi, verresti a parlare con la mia classe di nuovo?"
"Tutti quanti hanno apprezzato il tuo discorso, Dan!"
Non sono sempre stato così ben voluto. Ho sempre avuto amici e credo anche di aver sempre avuto decenti con le persone, ma ho pure trattato tanti in modo sbagliato, a volte. Negli ultimi anni, però, sembra che tutti godano della la mia presenza. E penso checiò dipenda da quel che dico quanto all'empowerment ed alla recognition.
Facendo il mediatore ho imparato un paio di cose che la gente pare prediligere: in primo luogo, il fatto che la loro autonomia venga rtispettata; in secondo luogo, il senso di esser connessi. E ciò è quello che cerco di dare a chi mi sta vicino, e pure io ne sono beneficiato.
Autonomia
La prima cosa che cerchiamo di evidenziare, nei corsi dove insegnamo mediazione trasformativa, è come ci si sente laddove dobbiamo fronteggiare una situazione conflittuale. Un dato che emerge è che una delle cose che rende maggiormente fastifiosa tale situazione è la sensazione che qualcosa cia sia imposta contro la nostra volontà. La controparte ci ha licenziati senza una buona ragione, o ci ha abbandonato a dispetto di ogni nostra obiezione, non vuole pagare quanto ci spetta, ci hanno fatto causa...Il fatto di non poter opporsi a tutto ciò, frustra l'aspettativa che abbiamo di poter controllare la nostra vita.
Da mediatori cerchiamo di aiutare le parti a superare questo senso di perdita di controllo, dando loro modo di prendere delle decisioni su quanto piùà possibile: sul fatto stesso di procedere con la mediazione, su quando farlo, sul fatto di dire qualcosa e come, sul fatto di stare ad ascoltare l'altra parte, sull'essere o meno d'accordo con lei e sulle relative modalità, sul fatto di suggerire soluzioni e quali... insomma su tutto quel che vogliono fare, con ben molto pochi limiti. Le parti vengono messe in grado di decidere quasi tutto ciò che possono. Il fatto stesso che la mediazione benga organizzata in un certo modo determina il livello della loro autonomia. Devono prendere controllo della situazione, in mediazione.
Tale tensione verso l'affermazione della propria autonomia si manifesta pure al di fuori di un conflitto, anche. Alla gente piace fare le proprie scelte praticamente sempre. Quindi, nel trattare chi non è mio cliente, cerco in linea di massima di non forzare, persuadere o dare consigli su come agire. Se un amico declina un mio invito a cena, gli dico "ok, nessun problema, sarà per un'altra volta." Se un amico si rivolge ad un avvocato ed io penso non sia una buona idea, condivido con lui le mie preoccupazioni solo se richiesto, e tengo fermo il fatto che la scelta è solo sua e non devo intgerferire. Se sto giocando con un bambino, e quel che che facciamo non è pericoloso per persone o cose, beh, perchè non dovrei seguire quel che fa anche se è un capriccio?
Connessione
Facendo formazione in tema di mediazione trasformativa, emerge pure chiaro che un fattore assai rilevante nel rendere pesante la situazione è il senso di alienazione, la sensazione che ci sia un muro tra noi e l'altra parte, l'impossibilità di comprendere come possa esser arrivata a tanto, e la consapevolezza di non essere capiti. Cos,da mediatori, lasciamo che le parti abbiano modo di interrogarsi a vicenda, si raccontano le loro cose. Da parte nostra, cerchiamo di facilitare tutto ciò amplificando quanto viene detto o chiesto.
Nel resto della vita, anche, la necessità di essere connessi è importante. Così, quando sono con altri, cerco di ascoltare quello che dicono, lascio loro spazio per parlare e osservo senza giudicare. Le persone con cui parlo, sanno di essere considerate e quando sono interessati a me, parlo loro apertamente dei miei sentimenti, i pensieri che ho, delle mie cose. Se non sono interessati a sentirle, me ne sto zitto.
Ed io?
Ma l'esser così concentrati sul dare agli altri sostegno a faovre del loro senso di autonomia e connessione, non è che si traduca in una sorta di trascurare sé stessi? Non direi. A me, alemno, il fatto di prestare attenzione alle esigenze di autonomia econnessione degli altri, torna a mio beneficio, troppo. Prestare attenzione alla gente senza giudicarla è un ottimo modo per sentirsi connessi; e dicendo loro di me, nella misura in cui sono interessati, è particolarmente utile. Finchè mi comporto così con la consapevolezza che è frutto di una mia scelta (posso bene anche scegliere di non farlo), il mio senso di autonomia resta del tutto integro Se scelgo di non incontrare un amico, ad esempio, semplicemente non lo faccio, a meno che non ci sia una particole esigenza, È una mia scelta. E se decido di non assecondare i capricci di un bambino che vuol andare sull'altalena, glielo dico, e spetterà a lui veder di far qualcosa insieme che mi permetta di starmene sdraiato sul divano. In definitiva, cerco di dare agli altri attenzione e sostegno, ma non in termini assoluti..
Se la gente gode la mia compagnia, ciò mi dà una grande sensazione di forza e mi permette di essere attento e sensibile, esaltando il mio senso di forza e mi permettendomi di prestare loro attenzione. Il processo si autoalimenta.