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5 luglio 2012
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA SEZIONE DISTACCATA DI OSTIA
REPUBBLICA ITALIANA
Il Giudice dott. cons. Massimo Moriconi
ha emesso e pubblicato, ai sensi dell’art.281 sexies cpc, alla pubblica udienza del 5.7.2012 dando lettura del dispositivo e della presente motivazione, facente parte integrale del verbale di udienza, la seguente
SENTENZA
letti gli atti e le istanze delle parti,
osserva:
le domande dell’attore sono risultate pienamente fondate.
Le eccezioni del conduttore non sono fondate.
Devesi ritenere anche alla luce di quanto si dirà in prosieguo che l’ammontare del canone della locazione commerciale, scaglionato negli importi e progressivamente crescente nel corso degli anni, è stato espressamente previsto al fine di favorire l’avviamento dell’attività commerciale del conduttore e non per fare conseguire al locatore un (illecito) beneficio, in termini di rivalutazione, maggiore di quello previsto dalla legge: ne consegue la perfetta legittimità della pattuizione.
Né sono stati offerti dal conduttore elementi a comprova di una diversa volontà delle parti.
Va altresì considerato che inviate le parti in mediazione all’esito del mutamento del rito dopo la fase sommaria di convalida, nella quale il giudice aveva emesso ordinanza di rilascio, il conduttore non è comparso benché ritualmente convocato.
La mancata partecipazione al procedimento di mediazione, ritualmente avviato, da parte del convenuto convocato.
Occorre valutare le conseguenze della mancata partecipazione del convenuto ritualmente convocato al procedimento di mediazione attivato dall’intimante, su impulso del giudice ex art.5 decr.lgsl.28/10 primo comma (mediazione obbligatoria).
L’art.8 del decr.lgsl 28/10 relativamente alla mancata partecipazione senza giustificato motivo - della parte convocata – al procedimento di mediazione prevede che il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.
Quanto alla possibilità di valorizzare, nel processo, come argomento di prova a sfavore di una parte determinate condotte della stessa (nella specie la mancata comparizione in mediazione, senza giustificato motivo, della parte convocata) si confrontano nella giurisprudenza due diverse opinioni.
Secondo una prima tesi la decisione del giudice non può essere fondata esclusivamente sull’art. 116 cpc, cioè su circostanze alle quali la legge non assegna il valore di piena prova, potendo tali circostanze valere in funzione integrativa e rafforzativa di altre acquisizioni probatorie.
Secondo altra opinione non vi è alcun divieto nella legge affinché il giudice possa fondare solo su tali circostanze la sua decisione, valendo come unico limite quello di una coerenza e logica motivazionale in relazione al caso concreto.
È espressione della prima teoria l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la norma dettata dall’art. 116 comma 2 c.p.c., nell’abilitare il giudice a desumere argomenti di prova dalle risposte date dalle parti nell’interrogatorio non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni da esso ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo, non istituisce un nesso di conseguenzialità necessaria tra eventuali omissioni e soccombenza della parte ritenuta negligente, ma si limita a stabilire che dal comportamento della parte il giudice possa trarre “argomenti di prova”, e non basare in via esclusiva la decisione, che va comunque adottata e motivata tenendo conto di tutte le altre risultanze (fra le tante Cassazione civile, sez. trib., 17/01/2002, n. 443).
La norma in questione merita senz’altro una maggiore utilizzazione anche se a differenza di altri casi in cui da una determinata circostanza è consentito ritenere provato tout court il fatto a carico della parte che tale circostanza subisce, in questo caso la legge prevede che il giudice possa utilizzarla per trarre dalle circostanze valorizzate “argomenti di prova”.
La norma dell’art.116 cpc viene richiamata dal legislatore della mediazione (art.8 decr.lgs.cit.) nell’ambito della ricerca ed elaborazione di una serie di incentivi e deterrenti volti a indurre le parti, con la previsione di vantaggi per chi partecipa alla mediazione e di svantaggi per chi al contrario la rifugge, a comparire in sede di mediazione al fine di pervenire a un accordo amichevole che prevenga o ponga fine alle liti.
Ne consegue, tali essendo le finalità dell’inserimento nel decreto legsl.28/10, che equivarrebbe a tradire l’intento del legislatore svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti dall’ordinamento giuridico.
Va considerato che nell’attuale situazione della giustizia civile, affetta da una endemica ed apparentemente insuperabile crisi principalmente nei tempi di risposta alla domanda di giustizia, causata dalla imponente mole di cause iscritte nei tribunali e delle corti; e viste le sempre più gravi conseguenze, economiche ed ordinamentali, derivanti dal ritardo nella definizione dei processi; sia necessario rivalutare, senza forzature ma con la doverosa umiltà dell’interprete, ciò che è scritto nella legge.
È necessario tuttavia fissare delle regole precise al riguardo.
Deve essere ben chiaro in primo luogo che giammai la mancata comparizione in sede di mediazione potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che dovrà sempre essere risolta esclusivamente in punto di diritto.
A favore o contro la parte non comparsa in mediazione.
Ed infatti lo strumento offerto dall’art.116 cpc attiene ai mezzi che il giudice valuta, nell’ambito delle prove libere (vale a dire dove si esplica il principio del libero convincimento del giudice precluso in presenza di prova legale ) ai fini dell’accertamento del fatto.
L’argomento di prova appartiene all’ampio armamentario degli strumenti utilizzati dal giudice in un ambito in cui non opera la prova diretta, vale a dire quella dove si ha a disposizione un fatto dal quale si può fondare direttamente il convincimento.
Nel processo di inferenza dal fatto al convincimento l’argomento di prova ha la stessa potenzialità probatoria indiretta degli indizi.
E come le presunzioni semplici ha come stella polare il criterio della prudenza (art.2729 cc) che deve illuminarne l’utilizzo da parte del giudice.
Ciò detto si ritiene di poter affermare che la mancata comparizione della parte regolarmente convocata, come nel caso in esame, davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa.
Con ciò non si intende svalorizzare quella giurisprudenza della Suprema Corte che ha ritenuto che l’effetto previsto dall’art.116 cpc può – secondo le circostanze – anche costituire unica e sufficiente fonte di prova (Cassazione civile, sez. III, 16/07/2002, n. 10268, che così si esprime: Quanto a questa ultima norma –art.116 cpc n.d.r.- in particolare, essa attribuisce certo al giudice il potere di trarre argomento di prova dal comportamento processuale delle parti – e però, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ciò non significa solo che il comportamento processuale della parte può orientare la valutazione del risultato di altri procedimenti probatori, ma anche che esso può da solo somministrare la prova dei fatti, Cass. 6 luglio 1998 n. 6568; 1 aprile 1995 n. 3822; 5 gennaio 1995 n. 193; 14 settembre 1993 n. 9514; 13 luglio 1991 n. 7800; 25 giugno 1985 n. 3800).
Ritiene infatti il giudice che secondo le circostanze del caso concreto gli argomenti di prova che possono essere tratti dalla mancata comparizione della parte chiamata in mediazione ed a carico della stessa nella causa alla quale la mediazione, obbligatoria o delegata, pertiene, a seconda dei casi possano costituire integrazione di prove già acquisite, ovvero unica e sufficiente fonte di prova.
Nel caso di specie dal combinato disposto degli artt. 8 del decr.lgsl 28/10 comma 5° e dell’art.116 cpc, si ritiene raggiunta la prova della infondatezza delle eccezioni della convenuta, ritenendosi al tempo superata la necessità sia di approfondire l’aspetto relativo alla reale ragione della differenziazione in aumento dei canoni e sia dell’esatto ammontare dei mancati pagamenti, che in ogni caso, ammessi nell’an, risultano di rilevante importo.
Nel caso in esame, infatti, sussistono come visto a carico del conduttore elementi documentali provenienti dalla stessa parte intimata, vale a dire la sottoscrizione di un contratto nel quale è stata esposta una causale della differenziazione in aumento dell’ammontare del canone di locazione commerciale rispetto al primo anno, che consentono di ritenere che il mancato pagamento da parte del medesimo dei canoni nella misura pattuita, anche alla luce della circostanza della mancata comparizione del conduttore davanti al mediatore pur essendo stato regolarmente convocato per l’esperimento di mediazione, costituisca inadempimento ingiustificato agli obblighi contrattuali
Va altresì aggiunto che ratione temporis (la citazione per convalida di sfratto è stata notificata nell’ottobre 2011) le norme degli artt. 8 del decr.lgsl 28/10 comma 5° sono pienamente ed interamente, cfr. infra , applicabili alla fattispecie.
Trattandosi di obbligazioni pecuniarie incombeva al convenuto dimostrare l’avvenuto pagamento (forma normale di estinzione delle obbligazioni di tal genere) ovvero altro fatto estintivo.
In mancanza va ritenuto sussistente l’inadempimento; grave ai sensi dell’art.1455 c.c. con conseguente risoluzione del contratto.
Il convento va altresì condannato al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere nonché degli accessori oltre agli interessi.
Va altresì segnalato che l’art.8 del decr.lgsl 28/10 al comma 5° dispone che il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (D.L. 13 agosto 2011, n. 138 coordinato con la legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148).
La sussistenza di un giustificato motivo per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione costituisce elemento che esonera dall’applicazione della sanzione prevista dalla legge e deve essere conseguentemente provato da chi lo invoca: non avendo il conduttore neppure allegato alcuna giustificazione, il medesimo va condannato al versamento all’entrata del bilancio dello Stato della somma pari al € 111,00, a quanto cioè ammonta il contributo unificato dovuto per il giudizio.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
La sentenza è per legge esecutiva.
P.Q.M.
definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede:
DICHIARA risolto il contratto di locazione relativo all’immobile;
ORDINA al convenuto in persona del suo legale rappresentante pro tempore il rilascio in favore dell'attore dell’immobile suddetto libero da persone e cose fissando per l’esecuzione il 20.9.2012;
CONDANNA al convenuto in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore dell’intimante dei canoni di locazione maturati alla data di ott.2011 pari ad €.8.200,00 oltre quelli maturati successivamente e fino al rilascio nonché della somma di €.1.309 per oneri condominali; oltre interessi legali dalle scadenze e fino al saldo;
DICHIARA priva di giustificato motivo la mancata comparizione della intimata al procedimento di mediazione;
CONDANNA il convenuto in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore dell’Erario della somma di €.111,00, oltre interessi dalla data della domanda fino al saldo; mandando alla cancelleria per la riscossione;
CONDANNA il convenuto in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento delle spese di causa che liquida in favore dell'attore in complessivi €.1.600,00 di cui €.300,00 per spese, oltre IVA e CAP;
SENTENZA esecutiva.
Ostia lì 5.7.2012
Il Giudice
dott. cons. Massimo Moriconi